Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.
Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookie Policy.

 

Più del 55% dei pazienti con sclerosi multipla, che hanno preso parte alla fase iniziale del primo studio clinico randomizzato finalizzato a individuare insufficienza venosa cronica cerebrospinale, presenta restringimenti delle vene cerebrali con conseguente riduzione del normale flusso sanguigno dal cervello.

Escludendo il 10.2% dei soggetti i cui risultati sono stati definiti borderline, la percentuale dei pazienti con sclerosi multipla con restringimenti venosi sale al 62.5 % contro il 25.9% dei controlli.

Questi dati preliminari si basano sui primi 500 partecipanti allo studio CTEVD ( Combined Transcranial and Extracranial Venous Doppler Evaluation ), iniziato nell’Università di Buffalo nell’aprile 2009.

Nella seconda fase dello studio verranno esaminati altri 500 soggetti mediante tecniche diagnostiche più avanzate.

Lo studio è il primo passo per determinare se la condizione nota come insufficienza venosa cronica cerebrospinale ( CCSVI ) sia il maggior fattore di rischio per la sclerosi multipla.

La CCSVI è una condizione vascolare complessa, scoperta e descritta da Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara in Italia. Il lavoro originale di Zamboni in un gruppo di 65 pazienti e 235 controlli ha mostrato che la CCSVI è fortemente associata alla sclerosi multipla, aumentando il rischio di 43 volte di sviluppare questa malattia demielinizzante.

Paolo Zamboni e Robert Zivadinov, dell’University of Buffalo negli Stati Uniti, hanno ipotizzato che il restringimento riduce il deflusso di sangue dal cervello, provocando alterazione del flusso ematico cerebrale con conseguenti danni ai tessuti cerebrali e degenerazione dei neuroni.

I primi 500 pazienti sono stati raggruppati in base alla diagnosi: sindrome clinicamente isolata e altre malattie neurologiche, oltre ai controlli sani.

Tutti i partecipanti alla prima fase sono stati sottoposti a scansioni ultrasonografiche ( Doppler ) della testa e del collo, per visualizzare la direzione del flusso del sangue venoso.

Inoltre, i pazienti con sclerosi multipla sono stati sottoposti a scansioni di risonanza magnetica per immagini ( RMI ) del cervello per misurare i depositi di ferro nelle lesioni e nelle aree circostanti del cervello, utilizzando una metodica denominata SWI ( susceptibility-weighted imaging ). I risultati che si otterranno sui depositi di ferro saranno correlati alla disabilità dei soggetti e ai sintomi neuropsicologici.

Il 97.2% dei partecipanti era adulto, e 280 persone erano affette da sclerosi multipla. La maggior parte delle persone coinvolte in questa prima fase dello studio aveva una diagnosi di sclerosi multipla recidivante-remittente; il gruppo controllo sano era rappresentato da 161 individui.

Con il Doppler sono stati analizzati 5 criteri riguardanti il flusso ematico venoso. I pazienti che presentavano almeno 2 dei criteri erano considerati soffrire di insufficienza venosa cerebrospinale cronica.

La prevalenza di CCSVI in questo campione è stata del 56.4% nelle persone con sclerosi multipla e del 22.4% nei controlli sani.

Fonti: Xagena 2010 www.sclerosionline.net; University of Buffalo, 2010